L'ULTIMA INTERVISTA DI MUSSOLINI
DETTATA, CORRETTA, SIGLATA DAL DUCE IL 22 APRILE 1945
Gian Gaetano Cabella
E' risaputo che, quando fu
arrestato a Dongo, Mussolini aveva presso di sé una grossa busta
di cuoio contenente preziosi documenti. Essi erano tali da interessare
la storia degli ultimi anni. Ma - almeno fino a questo momento - la storia
gli ignora. Forse debbono considerarsi perduti, perché quella busta
scomparve, né risulta sia stata mai ritrovata.
Fino a quando non sia stato
rinvenuto (ma lo sarà mai?) il carteggio personale e riservatissimo
che Mussolini portava con sé e che dovette abbandonare - non si
sa dove, né come - dopo il suo arresto sulla riva occidentale del
lago di Corno; fino a quel giorno avranno un acuto interesse e un valore
documentario eccezionale le parole, gli scritti, le dichiarazioni, le confessioni,
che egli fece, dettò, espose, o fornì verbalmente nell'ultima
decade della sua esistenza e, particolarmente, fra il 20 aprile del 1945
e quel drammatico 28 aprile del 1945, in cui lui e Claretta Petacci vennero
uccisi.
Mussolini aveva molte cose
da dire. I giornali, i testimoni, le numerose interviste con partigiani
del tempo, sono concordi nel riferire ciò che il Capo della Repubblica
Sociale avrebbe detto ai suoi carcerieri: "Voglio parlare un'ultima
volta al mondo, prima di morire. Sono stato tradito nove volte. La decima,
sono stato tradito dai tedeschi".
E' noto che egli non ebbe
modo di parlare come desiderava e voleva. Quali pensieri gli facevano invocare
quest'ultimo colloquio con gli uomini? Li ignoravamo fino a ieri. Oggi
non più.
E non perché siano
stati ritrovati documenti che Mussolini portava con sé nella famosa
busta di cuoio prima dell'arresto; ma perché è venuto alla
luce quello che si può a giusto titolo chiamare il testamento di
Mussolini.
Nessun dubbio, a tale proposito.
Le sue ultime parole non solo vennero scritte sotto la sua dettatura; ma
Mussolini stesso, due giorni dopo la definitiva stesura delle cartelle
dattiloscritte, volle rivederle, volle personalmente correggerle; e, infine,
volle siglare tutto il dattiloscritto con la sua ben conosciuta inconfondibile
M.
Ci si chiederà: "Come
mai questo documento così importante, questa testimonianza così
vitale, salta fuori soltanto adesso?"
Domanda più che naturale;
ma la risposta è quanto mai semplice: perché l'estensore
manuale di quelle dichiarazioni, che furono a lui dettate, il fortuito
raccoglitore delle idee, della volontà, dell'estrema disperata difesa
di Mussolini si era impegnato a non rendere noto il contenuto di quelle
carte se non tre anni dopo la morte di Mussolini stesso.
E questo - come si vedrà
- per esplicita volontà di Mussolini.
Ecco perché solo ora,
trascorsi i tre anni da quel tragico 28 aprile 1945, il depositario degli
ultimi pensieri di Mussolini si è fatto vivo, ritenendosi giustamente
sciolto dall'obbligo del silenzio.
Il documento ha la forma di
una intervista; intervista che Mussolini concesse nel suo studio presso
la Prefettura di Milano a Gian Gaetano Cabella, direttore del "Popolo
di Alessandria", nel pomeriggio del 20 aprile 1945 e che, come si
è detto, rivede attentamente il giorno 22 aprile, cioè sei
giorni prima della morte.
Superfluo rilavare che questa
non è una intervista delle solite. Si tratta di dichiarazioni assolutamente
eccezionali, fatte nel momento in cui Mussolini aveva la coscienza del
crollo e della sua stessa fine imminente. Egli stesso, del resto come si
vedrà, definì questa intervista un testamento.
Quando il giornalista di sua
fiducia gliela riportò il 22 aprile, gli avvenimenti già
precipitavano con un ritmo che non consentiva più illusioni. Gli
angloamericani si erano avvicinati vittoriosi alla linea del Po. Ogni speranza
in una qualsiasi resistenza svaniva, tanto per l'esercito tedesco, quanto
per i fascisti. Nell'ampia cerchia limitata dall'arco alpino, già
echeggiava il sinistro: "Si salvi chi può". Perciò
Mussolini ebbe la visione, forse ancora nebulosa, ma non per questo meno
drammatica, della prossima fine. E ciò spiega la consegna impartita
al fedele dell'ultima ora: "Se io muoio, non dovete divulgare quanto
rimetto nelle vostre mani se non quando saranno passati tre anni dalla
mia morte".
L'importanza storica e umana
del documento è eccezionale. E' un estremo appello alla posterità
quello che Benito Mussolini dettò il giorno 20 e corresse il 22
aprile 1945 nella saletta della Prefettura di Milano.
Prefazione del libro "IL TESTAMENTO POLITICO
DI MUSSOLINI", Ed. Tosi, Roma 1948
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